MERCATO DEL LAVORO, LA SCHIAVITU DEL LAVORATORE


Mercato del lavoro. Nessuna espressione rende meglio l’alienazione che ha travolto l’uomo negli ultimi anni, negandogli persino l’umanità. Come tanti, uguali ed insignificanti prodotti da vendere, i lavoratori sono piegati alla legge della concorrenza, che inevitabilmente premia il prezzo più basso. Se la Costituzione si preoccupa di stabilire che la retribuzione debba consentire una vita dignitosa, sembra che tale precetto possa essere tranquillamente inadempiuto. Forse no. Probabilmente la coerenza col dettato costituzionale risiede nella metamorfosi che ha reso l’uomo un oggetto. Senza una vita. Privo di dignità. Così la questione non si pone ed i problemi sono altri: il PIL, la crescita, il profitto. Questi i parametri da considerare, basta. Non la singola ed irripetibile esistenza di una PERSONA.
Siamo ormai trasparenti, senza carne, né ossa. A nessuno importa dell’altro, anche quando la fratellanza servirebbe a contraddire la prepotente menzogna del sistema. Invece ci comportiamo secondo come ci vogliono. Ingranaggi, freddi bulloni. Ciechi e sordi. Siamo una colossale catena di montaggio di sconosciuti. Soli, distratti, apatici, eseguiamo il miserevole compitino quotidiano che ci è stato assegnato, senza sgarrare. Tanti piccoli kapò pronti a denunciare le lacune dell’altro, tanto pronti a sputare in alto, quanto incapaci di guardarci intorno. Utilizziamo parole senza toccarne il significato, attenti a schivarlo. Parliamo di libertà, ma siamo oggetti.
Gli oggetti non sono liberi. Sono merce di scambio. Passiva. Da mercato. Non è possibile ignorare il disagio e far finta di nulla. Arriverà il giorno in cui le tante piccole crepe faranno cadere il muro. In quel momento il lavoratore diverrà soggetto, smettendo di essere schiavo.
Antonio Del Prete