ESTERO: SULL'ACCORDO ITALIA-LIBIA


Sui principali quotidiani di oggi, si può leggere del nuovo accordo stipulato sabato scorso tra Italia e Libia.
Uno dei punti riguarda la richiesta, da parte libica, di evitare, in caso di aggressione militare, la concessione delle basi militari NATO in Italia.
Questo riporta alla memoria i fatti del lontano Aprile del 1986, quando i caccia americani che bombardarono Tripoli, quale rappresaglia ad un attentato libico a soldati americani in Germania, decollarono dalle basi di Lampedusa. In tutta risposta, Gheddafi fece lanciare alcuni missili verso l'isola, che però non centrarono - fortunatamente - l'obiettivo.
Ora, a parte domandarci come si comporterà il paese africano nell'ottica di cooperazione con l'Italia sul problema clandestini, che diventa sempre più ostico e che non sembra trovare, al momento, grosse soluzioni, c'è da domandarsi un'altra cosa: quale metro di giudizio sta utilizzando la diplomazia? La Libia chiede a gran voce che in caso di aggressione non si conceda l'utilizzo delle basi militari presenti sul nostro territorio (cosa giusta e sacrosanta). Se l'avesse chiesto anche la Serbia, 9 anni fa, quando fu "umanitariamente" bombardata (guerra che costò anche morti tra i civili serbi, oltre allo scandalo delle bombe all'uranio impoverito), quale risposta avrebbe ottenuto? Di fatto, i bombardieri yankee partirono dalle basi italiane, senza grossi impedimenti.
Bene, accordo fatto. A questo punto, la Libia si impegnerà a non far sbarcare più clandestini sulle coste italiane? Attendiamo fiduciosi.
Nel frattempo sappiamo che Tripoli riceverà 5 miliardi di dollari dilazionati in 25 anni, come risarcimento del periodo coloniale. Speriamo di non finire "curnuti e mazziati".
Emiliano Romanelli
Portavoce Provinciale di Gioventù Italiana Torino